Turismo in distilleria: una opportunità

Personalmente non mi devo convincere che visitare le distillerie in giro per il mondo sia una cosa fantastica, anche se non si è appassionati o geek. Di  conseguenza attrezzare la propria distilleria in modo da accogliere i visitatori può essere un bel modo per far girare gli affari e mandare in giro per il mondo degli “ambasciatori”. L’hanno ovviamente capito in Scozia, visto il boom del whisky degli ultimi anni, ma non sono certamente gli unici. Il mondo del vino probabilmente è stato il primo ad arrivarci in modo organico. Come numero indicativo nel 2014 i visitatori delle 54 distillerie aperte al pubblico in Scozia sono stati oltre un milione e mezzo.

Alla fine del 2016 Lonely Planet ha pubblicato un articolo Best in Travel 2017, stilando una classifica di alambicchi fumanti da visitare e mettendo in risalto soprattutto la tendenza locale e micro che è in atto negli ultimi anni in diverse parti del mondo. Tuttavia nella lista delle distillerie da visitare non ci sono solo aziende nuove o trendy ma anche alcune che hanno saputo rinnovarsi, valorizzare il proprio territorio e i propri prodotti anche attraverso l’esperienza di una visita ai centri produttivi e alle cantine.

Tra le distillerie elencate troviamo nuove realtà come:

  • Box Distillery ad Adalen in Svezia (whisky).
  • Industry City Distillery, Brooklyn, New York (vodka).
  • 64° Reykjavik Distillery, Iceland. (acqueviti di frutta ed erbe).
  • Sipsmith, London (whisky, vodka gin): una delle più trendy e interessanti realtà del Regno Unito, nel mio mirino.
  • Four Pillars, Healesville, Victoria (gin): uno dei gin più apprezzati della new wave.
  • Hartfield & Co, Kentucky, USA (Rumwhiskey).

Passiamo alle vecchie conoscenze del malto, con Yoichi Distillery, nella remota regione nipponica dell’Hokkaido, col suo stile unico e i suoi alambicchi a fuoco diretto.

Singolare il caso di Bruichladdich, che viene indicata semplicemente come la distilleria del Botanist:sull’isola di Islay, nelle Ebridi, si trova una microdistilleria specializzata nella produzione di un gin floreale che utilizza selezionati botanici locali raccolti sulle coste“. Ecco diciamo che in questo caso la topica è piuttosto enorme e denota la non frequentazione dell’ambiente, ma il suggerimento di una visita è certamente corretto.

Nuova ma non nuovissima è citata anche  Glendalough Distillery, Glendalough, in Irlanda che ha ripreso la vecchia tradizione del poitin. Cosa bizzarra: la distilleria è citata pur non avendo ancora un tour e un centro visite, anche se ci stanno lavorando; la guida consiglia di gustarsi i loro prodotti al Wicklow Heather.

E gli italiani? Sono degnamente rappresentati da Poli 1898 a Schiavon che ha un centro visite e un museo (sono in realtà due, con quello distaccato a Bassano) da far invidia a molte realtà anche più note. Non per niente l’investimento importante ha portato risultati con centinaia di persone, soprattutto nei fine settimana, che affollano gli ampi spazi della distilleria; nella sola domenica di distillerie aperte sono passate oltre tremila persone.

Non citata nell’articolo, potremmo dire che anche Puni, la prima e unica distilleria di Single Malt in Italia, si è orientata verso questo tipo di turismo. Spazi funzionali ma anche belli da vedere che stimolano le emozioni.

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