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Le radici, le persone e lo spirito dei distillati

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Knock’s feeling

Sono le 11 quando arrivo arrivo alla distilleria Knockdhu (“collina nera” in gaelico) nel piccolo paesino di Knock, in una giornata dalla temperatura molto piacevole.

Andrea mi organizza l’incontro alla perfezione e trovo ad attendermi Gordon Bruce, distillery manager da quattro anni, dopo sei di Pultney e dodici di Balblair.
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Gordon mi appare subito come una persona molto tranquilla, timida e con una modestia e una disponibilità, che si rivelerà mano mano, quasi imbarazzante, visti i divismi a cui siamo abituati (e per molto meno) in Italia.

Mi dice subito che il team che ha a disposizione “è il migliore di sempre” e che al momento la distilleria è chiusa per manutenzione considerando che “fa troppo caldo per fare whisky”. A una prima occhiata nel cortile la distilleria è un enorme “work in progress” dove si notano chiaramente duro lavoro, recenti migliorie e investimenti e dove si inizia a intravvedere quale sarà  il risultato finale.
Il cortile è ancora chiaramente segnato da un evento molto grave, drammatico per chi ci mette sudore e duro lavoro: il crollo di due warehouse dopo le nevicate invernali; la ferita è ancora aperta e sanguinante, ma tutto quello che poteva essere recuperato (la copertura e i mattoni) è sistemato in modo ordinato e Gordon mi dice che riutilizzeranno quanto più possibile per ricostruire i magazzini. Nel crollo sono andate perdute “solo” diciotto botti ma vista la dimensione dell’accaduto anche a me pare quasi un miracolo, come se gli angeli avessero aperto le loro ali per proteggere anche la nostra parte.

Dal cortile Gordon mi indica la sorgente principale, quella di sempre, nessun tipo di trattamento, solo una filtratura meccanica molto grossolana. La distilleria usa altre tre sorgenti, sempre nella zona.
Gli impianti sono attivi 7 giorni su 7, su 3 turni, un totale di ben 21 (a volte 22) batch, ciascuno di circa 1000 litri di alcool. Del milione e mezzo di litri prodotti il 20% va ai single malt ma la percentuale e’ un aumento. Circa il 20% del prodotto è torbato e produrre batch peated e unpeated richiede attenzione e molta pulizia, “separazione” degli ingredienti per evitare contaminazioni.
Iniziamo il nostro giro negli impianti “silenti”, Gordon mi spiega cosa stanno facendo e risponde in modo dettagliato a tutte le mie domande essendo chiaro e per niente saccente o borioso. Quando gli chiedo che tipo di cambiamenti abbia introdotto al suo arrivo quattro anni fa mi dice “nessun cambiamento, il whisky si fa sempre in modo tradizionale, non c’e’ bisogno di cambiare” e poi rimarca il fatto che “il whisky lo fanno le persone, e il team qui è eccezionale”.

Mi mostra il nuovo impianto di caricamento del malto, più moderno ed efficiente, che renderà  il lavoro più semplice.
E poi il kiln, non più utilizzato ma ancora in buone condizioni e su cui penso abbia gà  qualche idea di utilizzo.

Si vede che e’ innamorato del suo lavoro, riesce a parlarmi in termini entusiastici perfino del movimento meccanico delle pale del mash, da breve risistemato; il riduttore è stato fornito da una azienda italiana, la Brevini di Reggio Emilia. Gordon è fiero del lavoro fatto e dice “la scatola degli ingranaggi è molto compatta e hanno fatto un lavoro straordinario”.
Poi vediamo i 6 washbacks di pino dell’oregon e i due still centenari. Il distillato viene raffreddato ancora col vecchio metodo dei “tubes”, una serpentina di circa 60 metri che gira all’esterno dell’edificio per diversi metri, capisco ancora meglio perchè “fa troppo caldo” per produrre.

Ci rechiamo poi in una delle warehouse superstite al crollo, il meraviglioso e indescrivibile profumo all’interno. Il solito miracolo, temperature e umidità  costanti, senza bisogno di nessun aiuto tecnologico, solo pietre e nudo suolo in cui riposano, in tutto, 1.300.000 litri di distillato. Botti di bourbon e qualche sherry. Single malt fatto con first/second/third fill. Il Quarto usato per il blend. Starei li a guardarmi ogni singolo barile, passare le ore in penombra ad annusare l’aria.
L’abbandono mi è reso meno amaro visto che si passa alla degustazione.
Da qualche anno il loro single malt, per una scelta di marketing e probabilmente per non confondersi con Knockando, si chiama anCnoc (collina), sicuramente il cambio di nome ha avuto impatti sulle vendite e c’e’ da lavorare per ricostruire il brand. Le vendite vanno molto bene in Svezia e in Germania, aumentano in Francia. L’Italia è ancora terreno di conquista, il prodotto è distribuito da qualche tempo da Philarmonica .
Provo i whisky in range (anche quelli praticamente esauriti) con molto piacere e curiosità , avendo avuto solo incontri occasionali. Il 12yo è molto interessante, ottimi il 1994 e 1995 e il 16YO; il 1975 da leccarsi i baffi…ma la parte più interessante deve venire.
Gordon tira fuori alcune boccette, contengono dei campioni.
Provo un distillato “nuovo”, appena fatto, lievemente torbato (22/25ppm se non sbaglio), contiene già  tutte le peculiarità della distilleria, molto bevibile, al contrario di altri bianchi che ho sentito, molto più fenolici e “sgarbati”.
Poi un heavy peated (8 anni mi pare) e nell’ultima c’e’ dentro un “trentaquattro e mezzo”, il più vecchio distillato presente nella warehouse.

Gordon mi fa un assemblato al volo, miscelando uno dei campioni e il 12yo, meraviglioso, fresco e complesso, una delle famose cose che “non hanno prezzo”.
Mi rammarico per non aver potuto registrare tutto quello che mi ha detto (dannato problema alla videocamera), ma da un lato ne sono contento, è una scusa in più per tornaci.
Ci salutiamo, ma non contento, mi richiama e mi parla delle forniture di malto “peated”, di come abbia sudato molto per ottenere qualità  e rendimento. Mi mostra tutte le tabelle con i rendimenti, le analisi, tutte le prove che ha fatto per cercare di ottenere il massimo. Mi dice che le malterie spesso non offrono la qualità  attesa e ha dovuto cambiare diverse forniture per trovare quello che voleva.
Adesso è ora di andare, Gordon mi ha dedicato più di due ore e mezza del suo prezioso tempo, senza reticenze, con passione e garbo.

Se una distilleria “silente” ti dice tutte queste cose, significa che Gordon e il suo mondo hanno qualcosa di speciale.

4 pensieri riguardo “Knock’s feeling

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