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Le radici, le persone e lo spirito dei distillati

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Grappa Brunello, quattro generazioni di distillatori

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Il palazzo e accanto l’edificio della distilleria (foto Brunello)
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Lo stemma di famiglia riportato anche sulle bottiglie (foto Brunello)

Continuo la rassegna di produzioni nostrane, tornando nel Vicentino, a Montegalda, con una delle distillerie che più mi colpì in una sessione di assaggi di un freddo Ferragosto.
La distilleria Brunello è una vera distilleria agricola, ricavata in un edificio rurale  che dal 1840, da ben quattro generazioni, produce grappa e che fa della Brunello la più antica distilleria artigianale di grappa in Italia. La generazione attuale, i tre fratelli Paolo, Giovanni e Stefano, non si è limitata a portare avanti la lunga tradizione familiare ma ha apportato, ad esempio, modifiche e migliorie alla distillazione. Paolo, che mi guida nella visita, mi ha dice che da qualche anno il processo avviene molto più lentamente e a una temperatura più bassa, in modo da “stressare” ancor meno le vinacce e migliorarne ancora di più l’aroma. Il cambiamento, promosso anche se con un po’ di apprensione dato il cambiamento radicale, ha portato immediati benefici e una maggiorbrunellocestellie pulizia del distillato.  Una seconda via è la distillazione dei monovitigni di varietà poco conosciute e particolari come, ad esempio, la Spergola di Scandiano o il Catarratto di Monreale. Per ultimo, dagli anni Novanta all’attività di distillazione è stata affiancata quella di azienda agrituristica, con sei stanze ricavate nel vecchio fienile e sala colazioni nella vecchia stalla.

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Le quattro caldaiette in rame (foto Brunello)

Tornando alla produzione, la distillazione delle vinacce fresche avviene in modo tradizionale tramite quattro caldaiette che lavorano in coppia e due colonne di rettifica. La distilleria produce solo grappe e acqueviti d’uva e lavora quindi solo per un limitato periodo dell’anno. La gamma è molto ampia e nella sessione di assaggi ho cercato di abbracciare più possibile diverse tipologie di prodotto in modo da farmi una idea sia dello stile che delle differenze tra vitigni dando la precedenza, per mie predilezione, alla freschezza delle grappe non invecchiate.
Come sempre non ho preso nessuna nota e preferisco basarmi su ricordi e suggestioni, per quanto vecchi di oltre un mese. Ricordo una nota di mandorla e una speziatura piacevolissima nella Spergola, gli agrumi nel Catarratto, il floreale e la lavanda nell’Aleatico, le note di marzapane, uva passa e la complessità dello Zibibbo, la secchezza e il cacao nel Brunello.
brunelloassaggiLa grappa bianca è piacevole come deve essere una “base” mentre tra le Riserva conserva perfettamente gli aromi primari senza che essi vengano ammazzati, come a volte capita, dal legno. Tutti i prodotti hanno una grande pulizia di base che ne esalta gli aromi primari e se devo dire qualche elemento comune di “carattere” ho trovato delle freschissime note vegetali e speziate che si esaltano maggiormente, a mio parere, su uve a bacca bianca.
Interessante il discorso culturale e letterario che la distilleria porta avanti, eccone alcuni esempi: nel centocinquantesimo anniversario della distilleria Mario Rigoni Stern ha scritto un racconto, è uscito un libro giallo “La testa e la coda” ambientato tra i loro alambicchi e quast’anno i Brunello supportano un premio letterario chiamato “Distillati di parole”.
Con un pessimo quadro generale della distillazione e dei distillatori in Italia, purtroppo largamente in mano all’industria e, spesso, a marchi che non hanno alle spalle nemmeno una distilleria, queste poche realtà artigianali lasciano qualche spiraglio di ottimismo. Purtroppo la mancanza totale di una convergenza tra produttori, anche solo per tutelare il marchio Grappa nel mondo, è un prezzo che il nostro distillato nazionale continua a pagare caro.

 

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