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Le radici, le persone e lo spirito dei distillati

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Baijiu: carneade di successo

baijumoutai_4Si potrebbe definire un paradosso, un esame di maturità o semplicemente provincialismo. La totale ignoranza su un distillato, il Baiju, che nel 2014 ha venduto 11 miliardi di litri, prodotti da oltre diecimila distillerie (dato stimato ma non ufficiale) e che, secondo vari studi, rappresenta circa un terzo della produzione mondiale di spiriti, era una lacuna che andava colmata.

Come molte cose ancora sconosciute che arrivano da oriente si tratta di un distillato che per noi occidentali è difficile da approcciare, soprattutto a livello olfattivo; facendo una semplificazione e un paragone azzardato, potremmo dire che è il lambic dei distillati.

baijumoutai_3baijumoutai_2L’esperienza cinese di Spirits Selection è stata, appunto, un po’ come l’esame di maturità per immergermi in questo distillato dalle radici antiche e di cui in occidente si sa pochissimo, almeno per ora, visto che comincia a fare capolino anche nei duty free negli aereoporti.

Le origini del Baiju affondano probabilmente nel periodo della dinastia Yuan (1271~1368) e la produzione e il consumo si sono consolidati nelle dinastie successive fino ad essere il distillato nazionale. Durante l’arco della sua storia il baijiu divenne così variegato nelle sue varie declinazioni che nel 1959, il Partito Comunista Cinese sentì la necessità di dare un minimo di classificazione alla bevanda e la divise in quattro stili diversi

  • nong xiang – “forte”:
  • qing xiang – leggero:
  • jiang xiang – “sauce”; noto anche come Moutai dal nome della distilleria più nota che lo produce
  • mi xiang  – riso; è probabilmente simile a quello che molti di voi avranno bevuto ai ristoranti cinesi in Italia.

Lo stile forte e quello sauce sono quelli più tradizionali e ottenuti, vedremo più avanti, in modo molto singolare; sono caratterizzati da una presenza altissima di aldeidi che danno aromi e profumi simili alle grappe che si trovavano sulle nostre tavole anni fa (o spesso quelle fatte in casa). Proprio per questa presenza di aldeidi i profumi che sprigiona, in base allo “stile”, variano dall’acetico passando da note “cheesy” e di cantina fino ad arrivare a note molto pungenti e “farmy”. Sotto questa coltre che potrebbe scoraggiarvi subito e dopo il primo impatto, si possono trovare invece esteri più familiari, i fruttati (ad esempio la frutta gialla e la mela), le note di cereali. Gli stili “light” e riso sono invece più neutri e meno complessi e assomigliano a new make di cereali e vodka.

Produzione

baijumoutaiLa distilleria di Moutai che abbiamo visitato è molto bella e ricca di storia; per darvi il senso dell’importanza ha un’intera caserma della polizia che la presidia. La produzione del Baiju tradizionale è qualcosa di totalmente differente da quello che siamo abituati a pensare in una distilleria. Le fasi di fermentazione e distillazione avvengono di fatto “allo stato solido” e cioè non si parte da un mosto liquido ma da un impasto solido di cereali. I microrganismi crescono, si sviluppano e si riproducono naturalmente metabolizzando i cereali e creando una complessa miscela di etanolo, acidi, esteri, alcoli, aldeidi e altre centinaia di sostanze. La miscela di cereali (a volte anche di erbe) utilizzata viene chiamata  Jiuqu. 

baijucolturebaijumoutai_distilleryNelle fermentazioni “pilotate” dei distillati di cereali avviene prima una saccarificazione in quanto gli amidi vengono trasformati in maltosio tramite degli enzimi o tramite il processo di maltaggio. Nel processo di fermentazione allo stato
solido del Baiju, che dura diversi mesi, la saccarificazione e la fermentazione avvengono simultaneamente e producono una complessa coltre di esteri e aromi. Nella prima fase si produce una coltura di cereali, per larga parte frumento, chiamata Qu, simile nei concetti al Koji usato per la produzione del Saké, che produce la parte di enzimi (Saccharomycese, Lactobaccilius, Aspergillius) necessari alla saccarificazione. Il qu ha l’aspetto di un mattone che viene poi aggiunto ai cereali usati (nel sauce si usa il sorgo rosso, in altre produzioni altri cereali) in fosse o anfore tipicamente in ambiente anaerobico. Il processo avviene in uno spazio aperto e non all’interno di fermentatori.

baijumoutai_stillsbaijumoutai_warehouseLa distillazione avviene sempre allo stato solido. L’impasto fermentato viene inserito all’interno di alambicchi cilindrici. Gli alambicchi sono dei grandi pentoloni di acciaio, senza strozzature e senza, di fatto, reflusso dei vapori. Ancora non mi è totalmente chiaro come avvenga (e se avvenga) un taglio del distillato, il risultato finale fa pensare
che molta parte delle teste e molti oli di flemma non vengano scartati. Potete immaginare come questo processo sia lungo, faticoso e assai poco redditizio dovendo far “bollire” un composto solido che fermenta per alcuni mesi.

La fase di maturazione, che può durare anche per molti anni, avviene spesso in anfore di terracotta, ma è comune anche in acciaio; quelle più prolungate danno un colore giallo paglierino al distillato.

Caratteristiche organolettiche e tipologie

baijuumoutaiAd un panel di degustazione la cosa più importante è non farsi influenzare dai gusti personali e dalle proprie convinzioni culturali. Senza una adeguata educazione sarebbe molto difficile valutare questo prodotto in modo oggettivo e cioè nel suo contesto culturale, sociale e storico. La sessione di training il giorno prima del concorso ci ha dato una importante panoramica, tanto che poi al nostro tavolo di giudizio nei giorni successivi, eravamo spesso perfettamente allineati coi giudici cinesi su quali fossero i distillati migliori, per quanto ovviamente il nostro punteggio fosse sensibilmente più basso. I distillati scadenti erano caratterizzati quasi tutti da una fastidiosa astringenza o da una totale mancanza di armonia tra naso e palato. I prodotti più qualitativi erano armonici e rilasciavano aromi ben riconoscibili e anche piacevoli, soprattutto nel retronasale. I baiju a lunga maturazione, caratterizzati da un colore giallo paglierino, erano certamente più eleganti e avevano perso molta della “oleosità” e della pesantezza olfattiva dei prodotti giovani. Tenete anche presente che il consumo normale di questo prodotto avviene in piccolissimi bicchieri da meno di 10 ml e vengono deglutiti in un sorso, quindi la fase olfattiva nel consumo sociale non ha molta rilevanza, come ce l’aveva poco anche da noi prima che si introducesse un minimo di cultura degustativa. La bevuta va accompagnata dal brindisi “Gambei!”.

Le quattro categorie/stili elencate sopra rappresentano delle classificazioni di massima, potremmo declinarli in sei tipi di stili diversi:

  • Daqu mild aroma: colore trasparente o giallo, limpido. Morbido, note dolci e finale pulito.  Note di acetato di etile che conferisce profumi fruttati (in alte concentrazioni anche di acetone), finale lungo.
  • Rice aroma: trasparente e limpido. Note di miele, delicato, morbido e pulito. Può avere note fruttate di agrumi.
  • Strong aroma: trasparente o giallo paglierino e limpido. Note terrose, bilanciato e finale pulito. Caratterizzato da note fruttate soprattutto di mela (caproato e caprilato di etile).
  • Sesame aroma: trasparente o giallo paglierino e limpido. Fresco e bilanciato, note di sesamo, corposo e finale persistente.
  • Sauce aroma: trasparente o giallo paglierino e limpido. Note pronunciate di salsa di soia. Corposo. Finale persistente.
  • Herb aroma: trasparente e limpido. Chiare note erbacee, delicato con note agrumate. Finale simile al sauce.

Con la comunità cinese ben presente in Italia si cominciano a vedere bottiglie in giro, in ogni caso, per chiunque fosse interessato a un assaggio, ho un “Moutai”, quindi sauce style, che posso far assaggiare. Tra l’altro ho visto una bottiglia simile in vendita a un duty free a Londra a oltre cento sterline.

Per capire come la stima sulla produzione di Baiju possa addirittura essere bassa, alla periferia di Guiyang, in un piccolo mercato “rionale”, c’erano tre distillerie che usavano mais e di cui vi riporto alcune foto.

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